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CA’ FOSCARI, UN MODO BEN STRANO DI SALVARE VENEZIA

CA’ FOSCARI, UN MODO BEN STRANO DI SALVARE VENEZIA

Mentre la nostra città affoga in un oceano di turisti primaverili, mentre le strade sono intasate e i vaporetti stracolmi, mentre gli abitanti si affittano anche i sottoscala e si trasferiscono a Mestre, mentre la vita locale non esiste quasi più, Ca’ Foscari annuncia di avcer trovato il modo per “salvare Venezia” (secondo quanto titola la Nuova Venezia nell’articolo che riporto qui sotto). In che modo si opera questo miracolo, che costerà otto milioni tratti dal Pnrr?

Facendo venire ancora più turisti.

Sembra incredibile, ma è proprio così. La rettrice di Ca’ Foscari ha ufficialmente annunciato che stanno per nascere iniziative volte a indirizzare i turisti verso luoghi come Porto Marghera, ma anche Lio Piccolo, Torcello, e “località meno battute come Campagna Lupia e Campolongo Maggiore.” Sembra impossibile che i proponenti di queste pur lodevoli iniziative non si rendano conto che il problema di Venezia non è la mancanza di un turiusmo culturale (mancanza che pure si sente), ma l’ingombrante presenza del turismo di massa. Dunque per “salvare” la città dal turismo di massa si spendono otto milioni in modo da aggiungere ad esso qualche frangia di turismo culturale? Ma in quale Venezia vivono i docenti di Ca’ Foscari e i gestori dei fondi del Pnrr? A quando un piano per gestire una graduale riduzione della marea che ci sta facendo affondare?

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