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FUORI LE NAVI, MA FUORI DAVVERO

FUORI LE NAVI, MA FUORI DAVVERO

Il Comitato No Grandi Navi, attivo da molti anni a Venezia e promotore di alcune riuscitissime e affollate manifestazioni contro le grandi navi da crociera, sta ora organizzando un’Assemblea Pubblica per impostare le sue battaglie dei prossimi mesi. Motivo occasionale sono le decisioni del Porto della città, che ha emanato i bandi per accogliere le grandi navi navi nei prossimi anni, in attesa del nuovo porto che il governo Meloni ha decretato di voler costruire in alto mare. Poiché quel porto è ancora in fase di progettazione, e le navi da crociera non possono attendere, l’autorità portuale si è mobilitata e ha emesso dei bandi per lavori imponentissimi: allargamento del Canale dei Petroli (già contestato e causa di gravi danni inflitti alla laguna), che diventerà una specie di Canale della Manica; isole artificiali per tentare di contenere almeno una parte dei sedimenti in uscita; altre isole per ospitare i fanghi (semi-tossici o onni-tossici) prodotti dagli scavi; costruzione di nuove banchine “temporanee” d’approdo a Fusina per almeno due delle enormi navi di nuova generazione (lunghe 330 metri e con a bordo 5,000 passeggeri più equipaggio); allargamento di un altro canale, il Vittorio Emanuele Terzo, per portare nel centro di Venezia almeno le navi più “piccole” (di 50.000 tonnellate mentre il Titanic ne aveva 40.000); e varie altre amenità per un costo di fondi pubblici di oltre 150 milioni di euro.
C’è certamente di che inorridire e impostare battaglie e manifestazioni.
Ma mi sfugge una cosa, che da anni vado ripetendo ai membri del Comitato. Il punto d’arrivo delle sue battaglie, l’deale per cui si batte, sembra che non sia l’esclusione delle grandi navi da Venezia. Il Comitato sostiene infatti uno dei vari progetti esistenti, quello che chiede la costruzione di una serie di ormeggi subito fuori della laguna, appena oltre le barriere del Mose (il progetto detto Duferco, dal nome della ditta propositrice). Le grandi navi potranno allora continuare a venire a Venezia, salvaguardando i famosi (ma molto esagerati) posti di lavoro degli addetti al trasporto di bagagli e degli accompagnatori turistici. Poi bisognerà trovare il modo di trasportare i passeggeri a San Marco o dintorni, di rifornire le navi, di sopportare gli inquinamenti.
Ma che senso ha questo voler accettare le crociere a tutti i costi?
Siamo una città che ha trenta milioni di turisti all’anno, e che da tutto il mondo viene additata come cattivo esempio di overtourism. Abbiamo proprio bisogno di due milioni di visitatori in più? Il sindaco ha appena approvato l’imposizione di un biglietto di accesso almeno in alcuni giorni dell’anno e intanto si spendono centinaia di milioni per aprire la strada ad altri milioni di persone; come si può accettare una simile contraddizione? I residenti se ne stanno andando sia per l’invasione di locazioni turistiche sia perché la vita in città diventa difficile per l’affollamento, per la mancanza di negozi di quartiere, per il proliferare di servizi dedicati ai turisti… e il Comitato No Grandi Navi invoca la costruzione di un porto per le crociere appena oltre le paratoie del Mose?
La mia impressione è che molti dei membri del Comitato si rendano ben conto della contraddizione. Forse i membri più attivi, quelli che costituiscono l’anima del movimento, sono rimasti impacciati per una questione ideologica (ancora una volta, il falso problema dei posti di lavoro) e non hanno trovato l’occasione per districarsene. Ma forse il ravvedimento si profila all’orizzonte e allora il movimento potrà muoversi con maggiore libertà e ampiezza di orizzonti. Fuori le navi da Venezia deve voler dire fuori dal suo territorio, non solo dalle bocche di porto.

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