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Ricopio qui, a conferma di quanto scrivevo nei due post precedenti, un post di Massimo Torrefranca, nipote del donatore di una preziosissima biblioteca al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia (la stessa biblioteca che oggi dei bravissimi volontari cercano di salvare almeno in parte dopo la prevedibile inondazione dei giorni scorsi (e di oggi stesso).
Ecco qui il passo cruciale:
Stupido idealismo (si riferisce alla donazione della biblioteca) ed ancora più stupida affezione a un Paese che non si merita nulla. Oggi scopro, ex post, che qualche genio preclaro, qualche anno fa, spostò la biblioteca del Conservatorio Benedetto Marcello, Fondo Torrefranca compreso, al piano terra, quando tutto il mondo sa che il Conservatorio veneziano è particolarmente soggetto all’acqua alta. Si spesero un sacco di soldi per questa idiozia, della quale ci si vantò pubblicamente sui giornali locali: “si è liberato spazio per gli eventi!” (la dannazione della cultura italiana, gli eventi…), “abbiamo rimesso in luce un magnifico pavimento di marmo veneziano del 700!” (come se manoscritti inestimabili non fossero ben più importanti), “abbiamo costruito un sistema di paratie!” (bravi, provate a svuotare il mare con un cucchiaino). E via di seguito. Così, oggi quelle inestimabili ed uniche fonti, sono per lo più carta da macero.

Ecco il testo intero del post, che potete leggere su anche sulla pagina facebook di Massimo Torrefranca:

Di mio nonno, Fausto Torrefranca RIP, so quel che sanno i più. Non l’ho mai conosciuto, morì un anno e mezzo prima che nascessi. Ma ho conosciuto intimamente il suo lascito forse più grande, l’inestimabile biblioteca costruita da lui con pazienza, acribia, scienza, previsione, cui sacrificò tutte le sostanze della sua famiglia.

Quella biblioteca comprendeva incunaboli, cinquecentine, prime edizioni, manoscritti, tutti di inestimabile valore, tutti, naturalmente, di argomento musicale. Fonti imprescindibili per lo studio della musica del Quattrocento, della polifonia cinque e seicentesca, per lo sviluppo dell’opera, per lo studio della nascita e delle sviluppo della scenografia per il teatro musicale, per lo studio delle aree grigie nella storia della musica, per la conoscenza della musica strumentale italiana del Settecento. Quei volumi occupavano tutta la casa. A maglioni, camicie, biancheria intima, non rimaneva spazio.

Nonostante i divieti, quando mio padre e mia madre non erano in casa o erano distratti, ogni tanto aprivo un volume a casaccio, e rimanevo incantato, anche se capivo poco delle scenografie di Torelli o del manoscritto elegantissimo del Lamento di Arianna monteverdiano o di certe frottole semidialettali di fine Quattrocento, o di intere pagine clavicembalistiche che mi parevano vertiginose grafie, da me decifrate solo in piccolissima parte.

Cosa ci faceva una biblioteca così preziosa e inestimabile in una casa privata? Si doveva metterla a disposizione degli studiosi e del mondo. E così anche risolvere qualche problema famigliare. Mio padre e mia madre decisero di venderla. Fu decisivo l’aiuto di Gianfranco Rostirolla, un caro amico e un grande esperto.

La scelta che si profilò fu semplicissima e difficilissima. La Library of Congress per una somma astronomica proponeva di prendersi il meglio, la famiglia sarebbe stata libera di vendere il resto. Mio padre e mia madre però vollero che la biblioteca rimanesse in Italia, rimanesse unita, come un’opera, l’ennesima, del nonno. Alla fine, grazie alla lungimiranza di Mario Messinis, grande critico, uomo fine e di profonda cultura, il Conservatorio Benedetto Marcello la acquistò in blocco, con l’impegno di preservarla, di mantenerla unita come Fondo Torrefranca. La cifra per l’intera biblioteca era meno di un quinto di quanto offerto dagli americani per le sole parti più pregiate (non che le altre fossero robetta, sia chiaro).

Avevo 16 anni ma fui consultato dai genitori e mi ritrovai perfettamente d’accordo con loro.

Stupido idealismo ed ancora più stupida affezione a un Paese che non si merita nulla. Oggi scopro, ex post, che qualche genio preclaro, qualche anno fa, spostò la biblioteca del Conservatorio Benedetto Marcello, Fondo Torrefranca compreso, al piano terra, quando tutto il mondo sa che il Conservatorio veneziano è particolarmente soggetto all’acqua alta. Si spesero un sacco di soldi per questa idiozia, della quale ci si vantò pubblicamente sui giornali locali: “si è liberato spazio per gli eventi!” (la dannazione della cultura italiana, gli eventi…), “abbiamo rimesso in luce un magnifico pavimento di marmo veneziano del 700!” (come se manoscritti inestimabili non fossero ben più importanti), “abbiamo costruito un sistema di paratie!” (bravi, provate a svuotare il mare con un cucchiaino). E via di seguito. Così, oggi quelle inestimabili ed uniche fonti, sono per lo più carta da macero.

Sono due notti che non ci dormo, e direte, chi se ne importa, e avreste anche perfettamente ragione. L’ennesima perdita dovuta a idiozia e imperizia.

(Nell’immagine: il palazzo del conservatorio Benedetto Marcello di Venezia).

 

 

 

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