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L’UOMO-DIO CHE CERCA UN TEST PER IL VIRUS

L’UOMO-DIO CHE CERCA UN TEST PER IL VIRUS

La rivista del MIT che segue gli sviluppi delle tecnologie umane dedica da più di un mese una sezione speciale al coronavirus. La chiama Coronavirus Tech Report ed è arrivata, oggi 19 aprile, al numero 19.
Tra le altre cose il Report ha raccontato,nel numero del 17 aprile, una storia che sembra romanzesca ma è, dobbiamo ritenere, perfettamente veritiera.
E’ la storia di un ricchissimo magnate delle tecnologie del futuro. Un uomo che ha fatto la sua fortuna attraverso il sequenziamento del genoma umano (come Craig Venter, il primo a riuscirvi solo 19 anni fa). L’uomo si chiama Jonathan Rothberg, è un ingegnere genetico e vive nel Massachusetts dove nel 1991 ha fondato, ancora da studente, un’azienda di genetica chiamata CuraGen, la prima di molte. Con il tempo ha conseguito più di 100 brevetti e accumulato un’ingente ricchezza. Una delle sue aziende si chiama HomoDeus, nome che si rifà esplicitamente al titolo di un recente libro dello storico israeliano Y. N. Harari, nel quale l’autore profetizza l’avvento di un mondo dominato da algoritmi informatici creati dall’uomo.
(Riporto qui alcune parole di Harari, anche a costo di andare fuori tema per qualche riga. “La Rivoluzione cognitiva potrebbe garantire a Homo Deus l’accesso a domini inimmaginabili, incoronandolo signore della galassia…  Il tecno-umanesimo spera di raggiungere questo obiettivo (la creazione di superuomini) con l’aiuto dell’ingegneria genetica, della nanotecnologia e delle interfacce cervello-computer.” Da Y. N. Harari, Homo Deus, Bompiani 2017, p. 537).
Nel 2016 il presidente Obama conferì a Jonathan Rothberg la Medaglia Nazionale per la Tecnologia e l’Innovazione per le sue “pionieristiche invenzioni e realizzazioni di tecnologie di sequenziazione del DNA, che hanno permesso ai ricercatori di tutto il mondo di ottenere informazioni genomiche in modo più semplice, più veloce e più economico”.
Un paio di mesi fa Rothberg, 57 anni, era in vacanza ai Caraibi con la moglie e i figli a bordo del Gene Machine, il suo super-yacht di 55 metri così chiamato forse per la stessa ragione per cui, molti secoli prima, nella nostra Venezia la famiglia dei Mastello aveva pensato bene di collocare sulla facciata del suo palazzo di Cannaregio un grande bassorilievo rappresentante un cammello: l’origine della fortuna che spiegava l’acquisto del palazzo.
Ai Caraibi lo yacht fu sorpreso dallo scoppiare della pandemia e Rothberg impose una quarantena strettissima: infatti una sua figlia, che era a bordo, soffre di una malattia immunitaria e non può rischiare il contagio.
Era chiaro fin d’allora che la chiave per la vincere la pandemia sarebbe stata la capacità di eseguire un grandissimo numero di test sulle popolazioni dei paesi colpiti. Occorreva un test semplice, economico, e che potesse essere eseguito dalla gente a casa, senza apparecchiature speciali.
La società HomoDeus è  specializzata nella produzione di terapie mediche fondate su interventi genetici attraverso degli enzimi chiamati recombinasi, che permettono di modificare il patrimonio genetico. Con essi è possibile anche eseguire dei test genetici, ma nessuna casa farmaceutica lo aveva ancora fatto. “Andavo a Davos e ogni anno pensavo di farlo, creare dei test eseguibili su striscioline di carta, ma poi non l’ho mai fatto,” ha detto Rothberg a un giornalista del MIT. “Ma adesso è diventato un imperativo morale. Perciò sto cercando di far mettere a punto un test eseguibile in casa.”
Ed è molto probabile che i suoi uomini-dei ci riescano presto. L’articolo della rivista MIT dal quale traggo la notizia spiega che ci sono due possibili vie per un test sul coronavirus. La prima consiste nel “raccogliere campioni dalle persone e farli esaminare in una sede centrale usando macchine sequenziatrici ultra-veloci” (del tipo di quelle prodotte da Rothberg); la seconda consiste nel “creare un test basato sugli acidi nucleici, che le persone possano eseguire a casa”. L’articolo, interessantissimo, illustra i due metodi con molti dettagli, spiegando il pro e il contro di entrambi. Nel metodo centralizzato il problema è la logistica: raccogliere i campioni di saliva, spedirli alla centrale e rispedire i risultati implica un grande consumo di tempo.  Inoltre occorrono macchine capaci di leggere centinaia di migliaia, se non milioni, di provette ogni giorno.
Con il metodo individuale invece ogni persona potrebbe eseguire anche due test al giorno. E le informazioni non sarebbero note a nessun altro, lasciando alla persona la responsabilità di “recarsi o non recarsi al lavoro.”  La difficoltà qui è che i campioni hanno bisogno di essere riscaldati oltre i 65 gradi per “aprire il virus e costringerlo a rilasciare il suo RNA”. Su questa strada alcuni ricercatori del MIT sono già molto avanti. Un gruppo, guidato dal professor Feng Zhang, sta provando da due mesi un metodo che permetterebbe di “riscaldare il campione, aprire il tubetto e metterlo su una strisciolina di carta.”
E’ su questa seconda strada che anche Rothberg si è concentrato. La settimana scorsa (6-12 aprile) la HomoDeus ha presentato i suoi progressi all’università di Yale: sono molto vicini al traguardo, salvo per alcune manovre necessarie da parte dei soggetti: “Abbiamo un procedimento eseguibile da un 17.enne, ma non ancora da un 70.enne,” ha dichiarato al giornalista. E un altro dettaglio da risolvere è legato alla quantità di saliva necessaria per un risultato certo: “E facilissimo per una persona   sputare su una provetta in casa sua, ma se hanno appena mangiato un panino al prosciutto il risultato potrebbe soffrirne.”
Ma il risultato sembra essere vicino. La FDA (l’agenzia USA che regola i farmaci) offre “autorizzazioni emergenziali” per i laboratori che ricercano nuovi test super-veloci. “Sono abbastanza certo,” conclude Rothberg, “che le difficoltà non saranno burocratiche; saranno puramente tecnologiche.”
A questo punto, nella sperduta Venezia e nella tecnologicamente sperduta Italia possiamo solo sperare che gli uomini-dei lavorino in fretta e che lavorino bene.
Cliccare qui per leggere l’articolo sul la MIT Rechnology Review.
(Illustrazioni: in alto, Rothberg e Bill Gates; in basso lo yacht Gene Machine e Rothberg in un’immagine del 2011).

Il giro lungo di Checco CanalIl giro lungo di Checco Canal
Un veneziano all’estero: andata, soggiorno e ritorno.
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Leggete qui una recensione sul “Gazzettino” di Venezia

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This Post Has One Comment
  1. Interessantissimo !! Grazie. Ma sono ancora scioccato dal fatto che un 70-enne non piò capire ciò che per un 17-enne è facile. Vale anche per me ??

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