SEMPRE PIU’ INGORDI I PADRONI DI CASA
Quando ero un giovane docente d’Italiano alla City University of New York abitavo in un piccolo bilocale sulla 107ma strada, a pochi passi dal campus di Columbia University. Un posto pieno di vita anche studentesca e molto apprezzato. Guadagnavo circa 1600 dollari al mese e più della metà, ben 850, dovevo pagarli per l’affitto di casa. Un sacco di volte, alzandomi la mattina per correre in aula, mentre pieno di sonno mi facevo la barba mi guardavo allo specchio e mi chiedevo per quale ragione lui potesse starsene beato nel suo letto al primo piano mentre io al terzo dovevo correre a lavorare per poter dopo passare a lui la metà del mio assegno, che poi lui depositava in banca assieme a quelli degli altri inquilini per pagarsi il mutuo dell’intera palazzina. Aspetti del capitalismo newyorchese, ancora più spietato di quello che c’era da noi in Italia. Ma oggi la stessa cosa sta accadendo da noi. Centinaia, migliaia di infermieri, medici, camerieri, ristoratori, muratori e sicuramente anche professori devono cedere una gran parte del loro stipendio a dei fannullonoi che hanno avuto la fortuna di ereditare o potersi comprare un appartamento (o due, o dieci). La cosa è già ingiusta di per sé. Ma poi, da quando sono iniziate le locazioni turistiche, è diventata imperdonabile. Nessuno può più permettersi di vivere in affitto a Venezia. E adesso, riempita la città di mono e bilocali da cento o duecento euro al giorno, si sta passando a Mestre. L’articolo del Gazzettino che riporto qui sotto offre un rapido panorama della situazione. Chi lavora a Venezia dovrà andare a vivere ancora più lontano, a un’ora, due ore da Piazzale Roma o dalla Stazione. Tutte le città d’arte del mondo si sono accorte da tempo del problema e hanno preso misure per risolverlo. Solo noi in Italia, come purtroppo in tanti altri campi, restiamo indietro. Ma intanto la vita per chi a Venezia vuol vivere e lavorare sta diventando impossibile.